" Cesare, ai lidi, su cui Bruto vigila
dagli avamposti de la nova età,
e donde oggi, nel sole, alati ascendono
i Fati e gl’inni de la libertà,
tu giungi, ascoso, tra gli acciari e i fulmini
di guerra presso l’ospite regal..."
Sul capo augusto da le antenne dóudota.
come un capestro, il labaro imperial...
- "Quanto sangue ci volle, o cristianissimo,
a dar possa a quel ceneio, e quanta tu
la corda e quanto il piombo, onde sul popolo
piovvero i doni de la tua virtù ?
"Piccolo padre, qual di pianti occano
la tua prova, per giunger, navigò ?....
Qual, vèr l’abisso, vortice di spasimi
tra ondate di martirio la sferzò ?....
" Come dai fiordi - oh se tremasti !... - a sbattere
su la tua fronte un gran soffio sali
par dal Mar Nero le ombre turbinarono
di chi maledioendoti mori ?...
" Romba il cannone - ma non è d’Italia
la voce ; il suo saluto oggi non è
nel tricolore, che da l’alto sventola....
Despota, il solo che t’abbraccia è il re.
" Oggi il pensiero ed il presagio italico
volano a l’ampia steppa, o terreo sir,
a le prigioni, a le Siberie tragiche,
ove geme l’indomito avvenir ;
ai morituri, ai combattenti, ai taciti
giganti del riscatto e del dolor,
a la tua gloria, o insorta Russia giovine,
contro gli sgheri de l’imperator.